Mi è capitato spesso di sentire la frase: “le scelte che faccio si rivelano sempre sbagliate”. Le ho sentite pronunciate da professionisti, genitori, studenti, bambini, manager (ma questo non lo ammetterebbero mai in pubblico!); le ho sentite riguardo al rapporto col partner, col collega di lavoro, riguardo sé stessi.
Si potrebbe pensare che serva una grande abilità per sbagliare tutte le scelte. Almeno statisticamente, qualcuna dovrebbe essere giusta.
Il fatto è che la nostra attenzione è catalizzata dagli errori e tralasciamo la stragrande maggioranza di scelte giuste, opportune, benefiche che facciamo sia quotidianamente, sia in momenti particolari della nostra vita.
Ma il tema resta comunque intrigante: perché si percepiscono così tanti errori al momento di scegliere? Perché non ce ne accorgiamo prima? Perché non siamo in grado di “vedere” chiaramente le conseguenze nel futuro delle nostre scelte?
Ti invito a riflettere su questa affermazione: “Il nostro cervello è costruito per fare le scelte migliori in ogni istante, in ogni situazione, utilizzando i dati, le informazioni, le emozioni e ogni altro elemento che fa parte della nostra esperienza, della cultura, dell’educazione che abbiamo ricevuto, che viene considerato per fare la scelta migliore in quel determinato momento”.
Potresti credere o meno che questa affermazione sia vera, che sia del tutto o parzialmente vera. Poco importa. Qualunque cosa tu pensi, è proprio così. Compreso il fatto che possa credere che “il mio cervello non è in grado di fare sempre la scelta migliore”. Altro non è che uno degli elementi considerati per fare la scelta migliore, tanto non saprò fare la scelta migliore.
Una delle conseguenze delle affermazioni dei paragrafi precedenti, è che il “potenziale errore” non è nella scelta, ma negli elementi che considero per fare la scelta. Se ne ignoro di importanti, se ne considero di “sbagliati”, se nel considerarli li utilizzo in modo fuorviante, alla fine sarà la mia scelta che sembrerà sbagliata. Ma in effetti, ho fatto la scelta più giusta e migliore per me, partendo da un quadro della situazione, della realtà o della mia percezione della realtà che inficia proprio la scelta che faccio.
Il ruolo del mindset
Il nostro mindset è anche il nostro modo di effettuare le scelte e di “costruire” la realtà che viviamo nel momento in cui le facciamo. Ma è molto più facile e immediato scegliere bene piuttosto che costruire bene il quadro della realtà in cui effettuo quella scelta. Perché la realtà è complessa, perché è difficile poter considerare “tutto tutto”, perché non tutto quello che consideriamo è effettivamente “come” lo consideriamo. Come fare? Magari in una sessione di coaching potresti trovare la risposta per te.
Quindi, per fare scelte “giuste ed efficaci” è necessario utilizzare al meglio il modello, che il nostro cervello ha elaborato, della realtà del momento che viviamo quando scegliamo. Perché mi riferisco ad un modello di realtà e non alla realtà oggettiva, la realtà “vera”, quella che c’è uguale per tutti? Perché l’essere umano è incapace di percepire e acquisire la realtà per ciò che è; inevitabilmente ne vede solo una parte, ne può considerare solo alcuni aspetti, peraltro filtrati da significati, esperienze, modi di “vedere” che cambiano da individuo a individuo e sono, per ciascuno, unici e singolari.
La Programmazione Neuro-Linguistica (approfondisci dal sito di Generattivita) fornisce tecniche e strumenti per apprendere l’arte di modellare la realtà in un modo il più possibile efficace ed aderente alla realtà oggettiva, in modo da considerare anche che ciascun altro potrà percepirla e valutarla comunque “diversa”, ma “plausibile e compatibile” con la propria.
Utilizzare il modello di realtà più efficace è la garanzia per fare scelte più efficaci e poter dire “ho fatto la cosa giusta” sentendosi coerenti con sé stessi e soddisfatti del risultato per ciò che si è scelto.
In effetti, è quello che oggi fa chi sceglie di delegare la costruzione del proprio modello della realtà ad una intelligenza artificiale capace di acquisire, considerare ed utilizzare molti più elementi di quanti quell’individuo ne potrebbe utilizzare per un particolare argomento o in un determinato momento. Ma anche all’IA mancherebbero una quantità consistente di elementi essenziali come, ad esempio, le emozioni, le esperienze personali, le “sensazioni” che, invariabilmente, sono ciò di cui è fatta la nostra vita.
In tutto questo, sono consapevole di aver tralasciato un altro elemento essenziale: il “come” rappresentiamo linguisticamente le nostre scelte. Cosa mi dico, che parole scelgo di ascoltare in me nel momento in cui scelgo? Come “comunico” a me o agli altri le mie scelte? È un altro argomento interessante, ma lo lasciamo per una prossima riflessione. Sarà la scelta giusta?


